“Torre del Saracino” è una location d’eccezione: situato a Vico Equense, all’inizio della costiera sorrentina, nella parte più alta della catena dei monti Lattari, regala una straordinaria veduta del golfo di Napoli mettendo in scena lo spettacolo del Vesuvio.
La posizione panoramica mostra uno scenario assolutamente incantevole fatto di storia e natura nel quale i colori del cielo e del mare si fondono sinfonicamente ai profumi e ai sapori mediterranei. Torre del Saracino è vivibile come un viaggio che racconta attraverso la sua cornice incantevole la cultura e le tradizioni campane in modo nuovo, in chiave contemporanea. Il ristorante nel corpo centrale è caratterizzato da linee pulite e total white; nell’ingresso che precede la sala, la boiserie in teak è movimentata da partizioni dai tagli ondulati che evocano il paesaggio marino, così come pure i coralli decorativi e gli elementi di arredo dalle forme sinuose, tutti appositamente progettati e realizzati dalle più alte maestranze locali. La sala dal bianco rigorosamente assoluto, presenta un soffitto leggermente a botte che richiama gli archi strutturali al centro, e le aperture con vetrate completamente scorrevoli danno l’accesso all’incantevole terrazzino verdeggiante. L’illuminazione diffusa crea un atmosfera soft e rilassante e allo stesso tempo gioca attraverso veri e propri tagli di luce nelle pareti che rompono l’uniformità della superficie continua sottraendola alla monotonia monocroma. Nella sala vi sono tre feritoie nelle quali sono allocate delle lenti “fish-eye” che permettono il contatto visivo con l’interno della cucina. Gli “oblò” capovolgono e distorcono le immagini favorendo una curiosa visione e un’ insolita esperienza ludica al visitatore. La cucina, anch’essa progettata su misura è composta da un monoblocco Molteni al quale sono stati aggiunti rivestimenti chiari interrotti da segni in rosso e nero e piani di lavoro in granito nero d’Africa sui quali sono indirizzati i puntamenti di luce.
Risale a dieci anni fa il primo incontro con Gennaro Esposito. L’ho conosciuto per lavoro: voleva ristrutturare il suo ristorante “Torre del Saracino” ed aveva bisogno di un architetto che lo seguisse con grande cura. Ci incontrammo naturalmente lì, al suo ristorante, per cenare.
Mi incuriosì immediatamente: era sorridente e gioviale, garbato e socievole ed in particolare aveva un modo di fare deliziosamente semplice, quello di chi resta se stesso, nonostante tutto. Fu subito amicizia ed anche l’inizio di un lungo rapporto di collaborazione che ci lega ancora oggi. E’ attraverso il nostro lavoro che proverò a raccontare chi è, per me, Gennaro Esposito.
Seguire Gennaro per riprogettare il suo ristorante non è stato semplice, perché è un uomo sempre ricco di idee, molto dinamico e non fa niente a caso. È una persona che studia ed approfondisce le cose, si pone obiettivi e li persegue, diritto alla meta. Uno dei suoi desideri è portare la sua cucina nel mondo, far conoscere i piatti della sua tradizione, coniugandoli con creatività e quello straordinario spirito d’innovazione che rende uniche le sue ricette. Trovare l’essenza di Gennaro, cercarla nei luoghi che parlano di lui, esprimerla dalla cucina alla sala: questa è stata la mia e la sua sfida. Insieme abbiamo osservato molte cucine, abbiamo analizzato tante idee, fino ad arrivare ad un compromesso di funzionalità e bellezza. Abbiamo viaggiato molto per lavoro ed ogni tappa è stata il tassello di un percorso professionale variegato. Ogni dettaglio catturava la nostra attenzione Tra ristoranti e cantine, e grazie a lui, ho anche imparato a conoscere meglio questo mondo a me sconosciuto. Così, tra ragionamenti sul design e l’architettura ed assaggi in cucina nascevano le idee e il progetto d’architettura. Sono stati molti gli incontri che ho vissuto lavorando con Gennaro; in particolare devo a lui, l’esperienza veneziana e del vetro soffiato con il maestro soffiatore Crepax: insieme abbiamo realizzato il lampadario “Medusa” e la scultura “I Delfini”; il lampadario Medusa è stato esposto al Fuori Salone di Milano 2012: apprezzato per eleganza, raffinatezza e versatilità. E poi ancora tanti artigiani italiani per trovare sempre l’eccellenza e produrre oggetti unici su disegno, così come è stato per le sedie, i divani le luci. Se mi chiedessero quale piatto di Gennaro preferisco, risponderei che non c’è un preferito ma, a loro modo, li adoro tutti. In questi dieci anni di amicizia siamo cresciuti tanto, ognuno nel suo lavoro. Abbiamo vissuto molti cambiamenti ed altri ci attendono in futuro, ma se potessi racchiudere in poche parole il nostro rapporto, parlerei di amicizia, di vera amicizia. Ed essere amica di un grande cuoco è “cosa buona e giusta”!
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